L'esperienza da non dimenticare: il Gruppo Luce in Madagascar

Dieci ragazzi del gruppo Luce della parrocchia, accompagnati da don Paolo, sono partiti il 10 luglio scorso per affrontare un viaggio missionario in Madagascar. Questo viaggio è cominciato in realtà ben prima di quel giorno. L’idea ci è stata proposta un pomeriggio in oratorio. Appena capito di quel che si parlava le emozioni spaziavano tra l’entusiasmo, la curiosità e il fascino di un viaggio intercontinentale e in un luogo famoso per la sua bellezza, ma si mescolavano con il timore di andare in una missione, di non poter contare su tutte le comodità desiderate, non sapendo che di lì a pochi mesi avremmo abitato la casa dei volontari arrivando a sentirci davvero come se fossimo a casa nostra, o meglio ancora, nel nostro oratorio romano che consideriamo un pó come la nostra casa.
Forse proprio grazie all’amicizia ci siamo fatti coraggio, ma c’era ancora molto da preparare e bisognava organizzare un autofinanziamento per coprire in parte la spesa del volo. Incontrandoci più volte prima della partenza abbiamo avuto così l’opportunità di rafforzare i rapporti tra di noi e di pensare a ogni minimo aspetto del viaggio.

In Madagascar ci aspettavano don Simone Franceschini e don Luca Fornaciari, anche loro, come don Paolo, della Comunità Sacerdotale Familiaris Consortio. Vivono nella città di Manakara, nella parte meridionale dell’isola, già da sette anni, e si occupano della parrocchia oltre che a molti altri progetti per aiutare le persone del posto. In particolare gestiscono la Ferme, un’azienda agricola didattica, dove alcune famiglie vengono per trascorrere uno stage di circa dieci mesi e imparare il mestiere di allevatori o agricolotori; alla fine del loro stage potranno partire con competenze nuove e anche un piccolo fondo per iniziare la loro attività.

I don sostengono anche il progetto delle borse di studio. Ogni anno, infatti, alcuni benefattori italiani versano il corrispettivo delle spese universitarie per una cinquantina di studenti che altrimenti non ne avrebbero la possibilità. Da questo progetto si sviluppa anche l’idea di costruire una nuova università cattolica nel sud, nella diocesi di Farafanghana. Il vescovo ha chiesto prorio a don Luca di coordinare l’equipe con la quale si stanno facendo numerosi progressi, e nel corso del mese in Madagascar siamo stati a vedere anche lo sviluppo del cantiere, un posto magnifico si sta preparando per i prossimi giovani studenti.
Soprattutto si occupano del progetto CEFA, un centro educativo per i ragazzi più poveri della città.
Cinquanta tra i bambini più in difficoltà per tutto l’anno scolastico vanno alla “Cantine” per essere aiutati a studiare da educatori, volontari della parrocchia, ricevendo in più due pasti al giorno e avendo l’opportunità di fare la doccia una volta a settimana.

Questo Centro Educativo non restava aperto durante il mese di luglio, ed ecco l’idea: con alcuni ragazzi, Eleonora, Elisabetta, Federico A., Federico R., Giulio, Irene, Ludovica, Martina, Roberto e Victoria, siamo scesi e abbiamo abitato nella casa dei volontari presso la casa della CSFC, e abbiamo contribuito a tenere aperta la struttura. In quei giorni si è realizzato un centro estivo ad hoc per quei bambini, con moltissime attività. Don Simone ci teneva molto che oltre il gioco noi ragazzi potessimo anche aiutare i bambini ad imparare qualcosa; così è stato. Alcuni sono stati iniziati alla chitarra, altri ballavano o cantavano, altri ancora facevano sport oppure piccoli laboratori manuali.
L’atmosfera vissuta in quei giorni è sicuramente il più bel ricordo che abbiamo di questo viaggio missionario e che, ad oggi, crea grandissima nostalgia. Il rapporto venutosi a creare con i bambini è divenuto forte dopo i primi giorni e c’era gioia nell’insegnare e nel condividere, nell’apprendere e nel sostenersi a vicenda, nessun limite si è interposto tra noi e questi bambini che, alla costante ricerca di affetto, trovavano sempre un abbraccio o un sorriso. Abbiamo passato momenti meravigliosi e che rimarranno impressi nei nostri cuori, come la giornata tutti insieme sulle rive dell’oceano, l’esibizione della danza liturgica che abbiamo insegnato loro durante la messa domenicale o ancora l’autenticità dei loro sorrisi quando abbiamo dato loro vestiti nuovi.

 
Ognuno di noi è stato colpito da un aspetto diverso, tutti i giorni abbiamo riflettuto su cosa avesse effettivamente fatto grande la nostra giornata. Il motivo sono stati proprio questi bambini che forse hanno insegnato a noi più di quanto noi siamo riusciti a insegnare loro. Abbiamo imparato non solo a non dare nulla per scontato, ma ad ammirare il modo in cui Dio plasma la vita di questi ragazzi, rendendoli gioiosi e sorridenti nonostante la loro condizione. Ci siamo resi conto della libertà e del tempo che abbiamo per scegliere nella nostra vita, per loro non è esattamente così; ogni istante è prezioso e le certezze sono poche, non è detto che avranno la possibilità di studiare né che avranno abbastanza risparmi per potersi sposare, perciò è necessario saper cogliere tutto ciò che la vita ci offre di bello. La ricchezza del loro spirito è esemplare.
Le settimane alla cantine purtroppo sono volate tanto sono state belle. Le lacrime al saluto con i bambini non sono mancate e loro stessi non volevano tornare a casa quel giorno; soprattutto eravamo emozionati perché ci siamo resi conto che non si poteva fare scelta migliore se non quella di partire per questa missione.


Abbiamo affrontato delle difficoltà, certamente, ma con gioia contagiosa, ed è stato così bello non solo sentire ma vedere quanto il Signore ami chi dona con gioia.
Quale può essere stato il segreto di tutto? I due ingredienti principali: la fede e l’amore di Dio. La giornata che iniziava con la santa messa alle 6.30 e i momenti di preghiera che riempivano la giornata sono stati il motore e il sale della nostra esperienza.
È stato sicuramente anche un viaggio introspettivo che ci ha permesso di conoscere meglio noi stessi attraverso la vita comune e di osservare una nuova cultura del tutto estranea alla nostra, la cui ricchezza è nascosta nelle persone.
Sicuramente i bambini ricorderanno quello che abbiamo vissuto come lo ricorderemo noi, perché se noi siamo potuti essere uno stimolo per loro, loro sono stati per noi grandi maestri di vita.

Giulio Lupini

Vuoi contribuire o fare una donazione?

IBAN: IT38E0335901600100000136055